domenica 1 gennaio 2012

Il primo post dell'anno. Ma il mio anno è tutta la vita. Ergo: un mio post.

Oggi scrivo.

Sapendo che spesso non vengo capito neanche da chi mi è più vicino, ma che avrò sempre qualcuno vicino. Quelle persone che ti vogliono bene e basta. La famiglia. E persone che per un pò diventano la tua famiglia.

Sapendo che ho amici con cui non ho piu voglia di prendere un caffè, e altri che non hanno più voglia di prendere un caffè con me. Che ho tanti “social friends” in più, con cui un caffè forse non lo prenderò mai, e che ho tante persone con cui prendo caffè molto spesso e che non capirò mai se considerare amiche o boh.

Ma oggi scrivo. E non sarà marketing, e non sarà poesia o filosofia.

Non ci credo agli anni numerati. Al fatto che una notte all’anno bisogna mangiare di tutto, bisogna sparare qualche botto, e gridare “auguri” a tutti quelli che incontri, brindare con bollicine, ecc. per decretare la fine di un anno brutto e l’inizio di quello buono. Perché poi è sempre così. Mai nessuno che dice “speriamo che il nuovo anno sia almeno come quello vecchio”.

In tre secondi dovrebbe il male tramutarsi in bnene.

23.59.59 NERO - 00.00.00 GRIGIO - 00.00.01 BIANCO ???

Eh, no, non è proprio così. Diciamo che è sempre tutto bianco. E che noi coloriamo poi tutto come meglio crediamo. Poi il nero è quando proprio non si riesce a vedersi. Ed è giusto prendersi anche quei momenti lì. Servono comunque.

Del resto, dalla notte del trentuno dicembre a quella del primo gennaio non cambia poi molto. Inverno era ieri notte, inverno sarà stanotte. Chi è stato in compagnia il trentuno dicembre, probabilmente sarà in compagnia anche il primo gennaio, e chi è stato solo il trentuno dicembre, probabilmente sarà solo anche il primo gennaio. Ah, poi c’è chi è capace di scegliere di stare solo quando vuole, e in compagnia quando vuole, e di chi vuole. E a questi va tutta la mia stima.

E poi vedi l'arcobaleno a tutte le ore negli occhi di un bambino. E tutto è comunque bello nell'accezione più semplice del termine.

Comunque credo che numerare convenzionalmente il tempo che passa, sicuramente serva. Serva per dare una data di scadenza al caffè, per dargli un numero di lotto, e per capire quanto tempo è passato prima che il numero di caffè che si prendeva qualche tempo fa cominci a far battere più velocemente il cuore, o a far correre più spesso al cesso.

Il tempo che passa, il caffè che resta. Io che guardandomi da dentro vedo quest’anno come un anno di immobilità, ma pieno di cambiamenti. Che cazzo di controsenso. E il mio mondo che invece si è evoluto, è cambiato, è cresciuto, si è perso e ritrovato, ho cercato un giorno e l’altro l’ho lasciato andare.

Il mio mondo che è un tutt’uno di lavoro, affetti, emozioni, vita. E magari pure amore, va. I miei giorni che non formano un anno, ma che riempiono una vita. Ecco.

Come faccio a fare un resoconto dell’anno passato? A me risulta difficile. Dovessi farlo come “Caffè Carbonelli” allora, dovrei travestirmi da logo e ne verrebbe fuori un anno fantastico. Ricco di soddisfazioni e novità positive. Di tante basi su cui lavorare e costruire. Che difficilmente si tramutano in profitto, ma in investimento. E Che contano molto più di un sei al superenalotto.

Ma visto che sono sempre più convinto che dietro un’azienda ci sono gli uomini, ecco che torno in me, tolgo i panni del logo e “Caffè Carbonelli” ritorna a far parte di me uomo. Ed è ovvio che non tutto l’anno è stato bello. Ah no.

Una data esatta di quest’anno non la dimenticherò mai. Io cerco di pensare a tutto quest’anno e non vedo nulla prima di quella data di giugno. La convenzione vuole che proprio quel giorno, tutti gli anni, cominci l’estate. La stagione più bella. Beh, quel giorno fu il primo di una ventina di giorni neri, durante cui ho (abbiamo) rischiato di perdere quella che è sicuramente una delle presenze più importanti e ingombranti nella vita di una persona.

Una ventina di giorni che non ti fanno muovere per mesi. Se non per inerzia. Mesi durante i quali, per rimanere a galla, ti butti nel lavoro e nel lavoro ritrovi la voglia di fare. Mesi durante i quali crei il caffè, parli di caffè, vendi più caffè, pensi di caffè, e però non puoi prendere caffè perché paradossalmente anche quello ti è contro. E quasi dimentichi che sapore ha.

Giorni, mesi che passano, e che producono nuovi progetti, nuovi prodotti, nuovi pack, nuovi accordi. Mesi di lavoro che ritrovi poi un giorno sulla pagina di “L’ESPRESSO”, nella sezione economia, in un bel po’ di righe ed una foto, che agli altri riassumono i risultati di tante ore di lavoro, e come si è arrivati. E a te, quelle stesse righe, o forse quegli spazi bianchi tra quelle righe, producono occhi lucidi di giorni neri, mani e vetri rotti, notti in bianco, voglia di andare e di restare e crescere comunque. E riassumono un momento della tua vita. Pieno di reazioni. A volte eccessive, a volte troppo istintive, a volte ritardate, a volte ricercate e non trovate, a volte sperate e rimandate. Ma pur sempre arrivate. E ti rendi conto che tutte ste reazioni sono le varie sfumature con cui stai riempiendo il bianco della tua vita.

Ecco cosa mi auguro per i giorni a venire. Tante reazioni vere. Non importa se belle o brutte. Certo la cosa migliore sarebbe quella di avere sempre reazioni giuste. Ma fanculo, come al solito, tutto ciò che è solo giusto. E quindi Auguro a me e a chi voglio bene, tante reazioni vere a tutto ciò che accadrà. Tutto ciò che è vero andrà sempre migliorando e diventerà il bene.

E il sapore del mio caffè è sempre più buono e più intenso.

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